Mi piace il modo in cui respiri.
La contrazione spastica del tuo diaframma mentre fumi.
La schiena curva e il sorrisetto complice di una soddisfazione intimidita quando capisci di avermi incastrato. Mi piacciono di te tutte le cose che comincio a disprezzare l’attimo dopo che mi hai lasciato la mano, quando trasformo le aspettative di un forse nell’ambiguità dei mai e dei per sempre.
Clarisse, ti affacci alla felicità che avremmo potuto condividere e ci resti appiccicata. Tieni a bada le tue insoddisfazioni per il tempo necessario a turbarmi l’anima.
Poi rinunci alla vita che ho provato a decorare per noi, per rivendicare una libertà che è quella di chi vive in una gabbia di plastica. Vedi il mondo fuori ma non puoi toccarlo, mentre io vedo te, l’ammiccante ritrosia dello sguardo, la discrezione del collo scoperto, e non posso fare a meno di avvicinarmi, con la rassegnazione di chi aspetta sentenze col cappio al collo.
Eccomi.

La tua risata sommessa diventa il desiderio espresso dagli occhi, quelli che, tremanti, hanno visto i tuoi rivelare il segreto del cuore.
Ed è solitudine che ti porti dentro, quella che dissimuli fra bicchieri di vino guadagnati e aspettative da disattendere.
Tu ti accontenti, Clarisse, dell’odore delle cose. Del modo in cui le rose mostrano bellezza solo ad annusarle.
Ma se poi non ti pungi con le loro spine, non puoi sapere quanta forza hanno.
Quanta potenza sminuisci con la tua idea verosimile.

L’amore non punge per punire, ma per difendersi.
E la bellezza non è dominio della mente, ma fiducia del cuore.
La passione, Clarisse, non si traduce in desiderio soddisfatto, ma in inquieta attesa senza sollievo.

La finzione è invece l’unica cosa che è esattamente come appare: infelice.
E tu fingi di possedere le cose solo perché ci hai poggiato lo sguardo.
La brioche in vetrina, l’orologio della cassiera, i papaveri del quadro ti appartengono nella stessa misura in cui ti appartengo io, per il tempo in cui concedi, a me e a te stessa, l’attenzione sacrificata di un’occhiata.

Clarisse, potresti avere un prato verde sotto i tuoi piedi che sia tuo senza riserve.
Che lasci te libera di correre, e me di decidere se seguirti.
Perché la trappola è la stessa per chi vuole e chi si fa volere: essere sedotti e sedurre senza mai conquistare.