Devo essere onesto, la sparata di Nic Higuain mi ha regalato, nel miscuglio di sensazioni e sentimenti, pure una puntella di orgoglio. Partiamo da un presupposto fondamentale: non penso che le sue critiche a De Laurentiis siano campate in aria, ma il tempismo con cui le ha tirate fuori mi puzza assai. Nel senso che, se proprio dovevi lamentarti di qualcosa, potevi farlo la scorsa estate, quando tuo fratello è rimasto a Napoli senza Champions, con Sarri in panchina (un esordiente per una big di Serie A) e con Hysaj e Valdifiori come rinforzi. Ma anche quando Gonzalo Higuain non aveva segnato 36 gol in campionato e sicuramente non aveva la stessa valutazione di mercato di adesso. Aperta e chiusa parentesi.

Dicevamo dell’orgoglio. Io sono sempre stato un fan di Rafa Benitez. Un fan moderato, si intenda. Gli ho da subito criticato l’integralismo tattico, la testardaggine nel voler fare delle sue idee di calcio un dogma intoccabile, l’incapacità nel trovare una dimensione umana, prima che professionale, con i suoi calciatori. Tutti elementi che alla fine gli hanno scavato la fossa. Però ho sempre ammirato il suo modo di “fare impresa” in ambito calcistico, la sua lungimiranza nel pensare che si, va bene farsi la squadra forte, ma è decisamente meglio tenere  un centro sportivo di proprietà, curare il settore giovanile, creare un ricambio generazionale continuo con la prima squadra. Quel fatto del business plan che all’inizio piaceva assai a tutti quanti, e che poi si è trasformato in “Uà il bisness plann, ma stu chiatton che vò”.

A distanza di un anno dal saluto, manco troppo sofferto, di Benitez, questa cosa della programmazione, abilmente nascosta sotto al tappeto per un pò di tempo, è tornata prepotentemente di moda. Perché avere un  progetto solido e lungimirante non solo ti permette di vincere, ma anche di sederti al tavolo con i grandi campioni ed offrirgli un prolungamento di contratto. Attualmente il Napoli non ha un centro sportivo di proprietà e manca pure poco che lo cacciano da Castelvolturno, dove si allena solo ed esclusivamente la prima squadra. Il settore giovanile è sparpagliato qua e là, in strutture che comunque sono private e per il cui utilizzo la società paga fior di quattrini. Non esistono palestre, piscine, residenze o campus che siano di proprietà della società. E dello stadio non ne parliamo proprio che è meglio.

Quando Benitez andò via, io sostenni che il Napoli non si era rivelato pronto a vivere quel tipo di esperienza, che era immaturo per accettare la sfida che lo spagnolo chiedeva di cogliere. Questo mio punto di vista mi è costato ore ed ore di discussioni sterili e risse verbali con tifosotti da quattro soldi e presunti santoni del calcio, che tentavano di dimostrare come, in realtà, Benitez fosse solamente un incapace. Mi inorgoglisce ora, anche se davvero poco, vedere come le problematiche evidenziate da quell’incapace siano le stesse per cui il Napoli rischia di perdere il suo vero, unico fuoriclasse.

Che poi magari io di pallone non capisco niente, Benitez è veramente solo un chiattone incapace e Higuain è uno stronzo mercenario che vuole solo più soldi e più gloria. Ma il dato di fatto è che il Napoli arriva sempre secondo dietro la Juve, che il suo business plan lo porta avanti già da un pò. E allora, a conti fatti, magari il chiattone non si sarà dimostrato un mago della tattica, almeno non sempre, ma probabilmente due-cazzate-due su una virtuosa gestione societaria le sapeva. Peccato che qua non teniamo tempo per queste stupidaggini: la programmazione, il business plan, le strutture e la pianificazione. Qua a Napoli dobbiamo vincere, lo sanno tutti. Come si fa, però, non lo sa nessuno.