C’è un’aria diversa che tira in città, da qualche anno a questa parte.

I cittadini di tutti i livelli sociali, con le più diverse responsabilità professionali, si sono svegliati, hanno cominciato ad aprire gli occhi. Gli occhi dei napoletani si stanno aprendo, e le loro braccia si allargano sempre di più per abbracciare la città, ma mica solamente per gli altri! Non solo per i turisti, ma anche e soprattutto per se stessi. Il sentimento di “riscetamento” che scorre nelle vene dei nuovi napoletani fa leggere con occhi nuovi il famoso titolo “Le mani sulla città“, film di Francesco Rosi sullo sfruttamento edilizio nella Napoli degli anni ’60. Le mani questa volta sono quelle dei napoletani onesti, e le pongono sui propri quartieri. Gruppi di cittadini si riuniscono in associazioni che, grazie al loro entusiasmo, crescono in modo così forte che oggi si ritrovano a sedere al tavolo con il potere cittadino.

Un caso che brilla come esempio è quello del progetto di riappriazione di Piazza Carlo III e in particolare di Palazzo Fuga, conosciuto da tutti come il Real Albergo dei Poveri.
Palazzo Fuga è un palazzo di una mole spaventosa, tanto da essere uno delle più grandi costruzioni del Settecento Europeo. Nacque proprio sulla spinta illuministica del sovrano Carlo III, che aveva pensato a un luogo dove organizzare le masse contadine arrivate nella capitale meridionale in seguito al processo di industrializzazione, sia per carità che per questioni legate alla sicurezza cittadina. Nonostante al momento non sia al meglio della sua forma, ci si sente ancora minuscoli di fronte alla maestosità di questa costruzione, che comunque non fu portata a termine nella sua interezza teorica: fu realizzato infatti solo un quinto del progetto. Nell’immaginazione di Carlo III e di Ferdinando Fuga, l’architetto, l’Albergo dei Poveri sarebbe stato popolato da famiglie indigenti e umili lavoratori, in una convivenza che avrebbe portato loro una nuova esperienza di vita, la vita nella capitale in crescita economica, e nuove conoscenze professionali, tutte da apprendere nel Palazzo, a favore del Regno. Purtroppo, come succede quasi sempre, quando si mettono insieme masse di poveri, si creano dei ghetti: il Real Albergo dei Poveri si trasformò nel carcere (il “Serraglio”) di chi non aveva né arte né parte. Al decadimento morale della struttura seguì il decadimento fisico, dovuto al degrado in cui fu abbandonata.
Oggi gli abitanti del posto non ci stanno, e unendo le loro voci queste sono diventate più forti. È il caso, ad esempio, di RAM (Rinascita Artistica del Mezzogiorno). Il presidente, Dario Marco Lepore, ha una visione molto ambiziosa eppure tangibile: rendere Palazzo Fuga “il Museo più grande del mondo”. Per andare più nello specifico, l’idea proposta sul sito ufficiale del progetto è la conversione di una struttura fatiscente a un Palazzo della Cultura e del Turismo, reso vivo da migliaia di attività legate a filo diretto con Napoli e a una delle sue parti più rinomate ed eccellenti, l’artigianato. Si intende infatti animare questo palazzo con le attività artigianali tradizionali napoletane. Inoltre, sfruttando la maestosità del posto, si vorrebbe adibire una parte alla creazione di un enorme Polo Museale, composto da tutte quelle collezioni purtroppo chiuse nei polverosi magazzini dei musei di Napoli, come l’Archeologico o quello di Capodimonte, che finalmente potrebbero vedere la luce e incontrare la curiosità dei turisti. Non solo questo, ma potendo partire da zero, questo Polo Museale potrebbe essere sviluppato come un innovativo museo all’avanguardia, un gioiello di nuove esperienze di fruizione museale di cui vantarsi nel mondo. Va da sé che se si riqualificasse un posto del genere, tutta l’area circostante ne gioverebbe: in effetti Piazza Carlo III è una zona gradevole, ben posizionata dal punto di vista dei collegamenti con i centri nevralgici della città, ma purtroppo soffre di “abbandono”. Il quartiere però potrebbe diventare un gioiello splendente se si decidesse di incastonare un nuovo, meraviglioso diamante come Palazzo Fuga al suo centro. È previsto in questo progetto anche la costruzione di una statua a Carlo III, una notizia che in tanti apprezzeranno. E come per tutti i solidi progetti di rinascita al Meridione, anche questo ha trovato il pronto sostegno dell’ex Ministro della Cultura Massimo Bray, sincero amante del Sud e delle sue bellezze anche al di fuori degli impegni politici.

Chi pensa allargando ancora di più i confini è l’Associazione Carlo III – Ponti Rossi, impegnata in modo più intenso negli ultimi mesi nel dialogo con l’amministrazione cittadina, per la riqualificazione non solo dell’Albergo dei Poveri e della piazza antistante, ma anche del recupero dei Resti dell’Acquedotto Romano (i Ponti Rossi, appunto) e delle strade e aiuole dell’area in questione. L’Associazione è riuscita ad avere diversi incontri con i rappresentanti del Comune di Napoli, della Soprintendenza di Napoli e ad ottenere la collaborazione di Sylvain Bellenger, il nuovo Direttore del Museo di Capodimonte. Molti altri incontri del genere sono in calendario, per portare avanti con costanza e caparbietà questo piano.

Il progetto di Lepore e quello dell’Associazione Carlo III – Ponti Rossi sono nati in modo spontaneo e indipendente l’uno dall’altro, ma il lato positivo è che sono due visioni che si incontrano e si completano a vicenda: la prima apporta una visione prettamente artistica che forse manca all’approccio più pratico della seconda.

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I ponti rossi, Napoli – fonte: Napoli sud e fantasia

Forse è bene anche fare un riferimento all’aspetto più pratico, materiale: i soldi. Come si realizzerà tutto ciò? La proposta di queste associazioni è semplice, la meno dispendiosa per le già dilaniate tasche del Comune: buona parte delle spese dovrebbe essere coperta da fondi europei e nazionali, ma anche da donazioni e sponsorizzazioni; magari dividendo l’intero progetto in diversi lotti sarà più semplice gestire e sorvegliare i lavori, che tra l’altro sono già partiti in Piazza Carlo III.
I progetti ufficiali del Comune di Napoli, però, prevedono le ipotesi di trasformazione di Palazzo Fuga in una cittadella dello sport, in una “città dei giovani”, in un luogo di accoglienza per i senzatetto, e altri progetti che al momento restano solo su carta.
Ciò che tutti i rappresentanti di queste associazioni sono unanimamente d’accordo nell’affermare è che tutto ciò è dedicato ai giovani della zona, alla volontà di lasciare in eredità qualcosa di positivo, che le vecchie generazioni non hanno ricevuto ma che invece stavolta potrebbe rappresentare una vera fonte di ricchezza per interi quartieri e, perché no, per la città intera. Nessuna lotta violenta, nessuno scontro con l’autorità, ma dialogo diretto, sincero e appassionato. La passione è il sentimento puro che muove gruppi di persone, grandi o piccoli che siano, verso la concreta realizzazione di un sogno. I progetti per Palazzo Fuga fino a qualche anno fa potevano sembrare solo utopia, e invece oggi notiamo già le prime applicazioni pratiche. Un plauso ai cittadini di Piazza Carlo III e Ponti Rossi, che per l’amore espresso dimostrano di meritare a pieno la rinascita del loro quartiere, e speriamo che questa “febbre di riscatto” infetti come un’onda tutti i quartieri di Napoli.

A volte pensare al proprio orticello, difetto tipicamente italiano, può trasformarsi in un grande pregio e può portare al raggiungimento di obiettivi ambiziosi di cui andare fieri per generazioni.