La sua è una moda sfrontata, incontenibile, ironica, e degenerante.

Fonde l’astrazione del bello e del brutto, rafforzando di continuo la chiave concettuale che si nasconde dietro di essa, riportando i suoi fruitori ad una dimensione legata al reale: reale come brutto, brutto come chiave di successo. Questo è l’immaginario vincente di Miuccia Prada.

Una leggenda ed un elaborato artistico ormai consolidato da decenni nel campo della moda italiana, la spinta in avanti verso la fusione delle arti; la moda che accarezza l’architettura, il design e la pittura contemporanea. Miuccia Prada, imprenditrice di se stessa, donna di gran carisma e si potrebbe dire, figlia della moda, eredita una enorme fortuna grazie alla madre Luisa. La casa di moda, nasce in origine come Fratelli Prada, nel 1913, presso la Galleria Vittorio Emanuele II a Milano, diretta dai fratelli Mario e Martino Prada; passando successivamente alla gestione da parte di Luisa Prada, figlia del primo ed attualmente alla figlia di quest’ultima, Miuccia. Colei che negli anni ’80, farà vivere all’azienda una crescita esponenziale del brand, grazie alla forte collaborazione con Patrizio Bertelli, suo marito ed imprenditore.

La casa di moda muta notevolmente con il passare degli anni, nascendo come boutique e punto di riferimento per l’aristocrazia dell’epoca, un mercato di prodotti d’alta qualità che ben rispecchia la borghesia milanese di quegli anni. Ma è grazie all’ausilio della creatività di Miuccia, che nel 1988, Prada arriva all’inizio della sua stagione migliore, che continua tutt’ora. Quella stagione fiorente, che mette in luce tutto l’aspetto sardonico e graffiante dell’atmosfera del brand, rivolta alle menti indipendenti, emancipate, a quelle che non osano frenare la propria libertà intellettuale. Ed è in questo discorso che prende vita tutto ciò che Miuccia racconta di sé negli anni dell’adolescenza, una giovane donna alla ricerca di evasione, lontana dalla vita borghese che l’aveva sempre circuita, una sensibilità femminista colma di curiosità e bisognosa di vivere gli spiriti altrui, di comprenderli ed immaginarli in decine di contesti diversi, per servir loro quel prodotto che oggi è diventato sinonimo di unicità e made in Italy per eccellenza.

Una chimera, che coniuga all’eccellenza qualitativa, una ricerca concettuale continua che spazia tra le arti. Le stesse fonti di ispirazione della stilista, sfociano da sempre nel cinema, nel teatro, nell’arte e nell’architettura, ed a testimoniare tutto ciò, vi sono le appassionanti collaborazioni che ella ci propone stagione dopo stagione; dalla ormai nota scuola di pensiero di Rem Koolhaas (designer ed architetto olandese, di alcune delle sue boutique, oltre che delle scenografie in passerella), per finire all’imponente figura di storico dell’arte Germano Celant. Questa può e deve divenire dimostrazione, che la moda è simile ad una spugna, che assorbe tutto da ogni dove. E attraverso Prada, questa lettura è spiccata.

Ma è un particolare estremamente affascinante che trasporta questa delirante carrozza di emozioni, il concetto di brutto elaborato da Miuccia, che snatura la nozione di eleganza, ostentando una rivisitazione di quello che noi riteniamo sensuale. Allora ella pone un quesito, perché tutta quella serie di aggettivi che ruotano intorno alla bellezza, non possono essere gli stessi che circondano l’idea di brutto, nella loro accezione positiva? L’idea comune di eleganza, che per stereotipo ci rimanda alle donne del passato, convertita, eclissata dalla silhouette tormentata nella sua immagine, dalle vesti coprenti, dai tagli che valorizzano solo leggermente la figura femminile. Una donna interessante, che sfugge aprioristicamente al tentativo di sembrare bella, perché il bello è banale, è stancante ed impegnativo, richiede prostrazione.

Il colore rovente nelle sue tinte, l’apparente mancanza di senso dietro alle giustapposizioni di sfumatura. Il reggiseno sul cappotto, la deformità del tacco, la calza in lana ai piedi con i sandali; tutti abbinamenti in apparenza dettati dal caso, ma che posti in analisi, rivelano una autorevole consapevolezza del senso estetico. Estetica reale, che divulga la deformità e la disarmonia come componente essenziale della verità. Come l’atto di fondazione dell’estetica, che da Baumgarten fu definita:“scienza del Bello, delle arti liberali e gnoseologia inferiore, sorella della Logica”, così la contrapposizione ci serve una moltitudine di esperienze sensoriali discordanti ed attraenti tra loro.

Quello che nella vita amiamo, tende sempre a rivelarsi ed a scindersi in due unità differenti, l’una diversa dall’altra, e difficilmente entrambe le unità si pongono in termini positivi e gaudenti ai nostri occhi. Pertanto qual è allora, l’altra faccia dell’amore? Lì dove l’amore, è in questo contesto l’arte della creazione. Non ci è dato saperlo realmente. Possiamo ipotizzare che nell’universo Prada, ed in senso più ampio, nell’universo della moda, il rovescio della medaglia è legato allo sforzo costante che ogni creativo compie, nel sostenere la propria scuola di pensiero. Lo sforzo che Miuccia percorre negli anni della maturazione, è legato proprio a questo: farsi accogliere, accettare e rendere possibile l’idea di cambiamento e di innovazione agli occhi delle altre persone. Questo sforzo, ci confronta con gli altri, genera nuove soggettività, nuovi canoni, estetici e non. E tutto ciò che riceviamo indietro in questa intimazione continua, è la prova indiscutibile che abbiamo vinto, palesemente. E che attraverso la stessa vittoria, Miuccia Prada ha rivoluzionato tutto il concetto di estetica e femminilità.