« Un tempo la gente era convinta che quando qualcuno moriva, un corvo portava la sua anima nella terra dei morti. A volte però accadevano cose talmente orribili, tristi e dolorose, che l’anima non poteva riposare. Così a volte, ma solo a volte, il corvo riportava indietro l’anima, perché rimettesse le cose a posto. »
(Sarah Mohr, incipit del film)

 

Così, con questa frase, recitata dalla piccola Sarah, si apre una delle più belle gothic flabe negli anni ’90,
Il Corvo (the Crow). Tutti abbiamo preso in prestito frasi e citazioni, soprattutto gli adolescenti degli anni ’90, quelli che ancora un sogno ce l’avevano, hanno detto almeno una volta: “non può piovere per sempre”.
Ma cos’è che ha dato la spinta a questa favola moderna dai contorni cupi, gotici, che parla di morte, amore, corvi e notte del diavolo? Lo scopriamo facendo una attenta analisi sul marketing, su quello che è girato intorno a questo film e soprattutto su quello che è successo durante le riprese, stiamo parlando di una pellicola che ha incassato in tutto il globo 170 milioni di dollari, mica caramelle.

Il film tratto dall’omonimo fumetto, narra la storia del musicista rock Eric Draven e Shally Webster, una giovane coppia in procinto di coronare il loro sogno d’amore che si spezza quando il giorno prima delle nozze, una banda di balordi irrompe nell’appartamento, a causa di una petizione mossa dalla stessa Shally contro gli sfratti in quel quartiere, dove a detenere il potere criminale è il boss Top Dollar, le azioni popolari, si sa, non vanno a genio alla criminalità, i due giovani amanti vengono uccisi brutalmente, Eric viene scaraventato giù dalla finestra mentre a Shelly tocca il destino più atroce, picchiata e violentata perde la vita in ospedale dopo 30 ore di agonia.
Secondo la mitologia di alcune culture, il corvo è il traghettatore delle anime dal mondo terreno al mondo dei morti, ma se il cuore della persona deceduta è troppo colmo di rabbia il corvo riprende l’anima e la riporta in vita per regolare i conti. Accade esattamente un anno dopo, stessa notte, la notte del diavolo, il corvo picchietta sulla tomba del musicista, Eric risorge dalla tomba con poteri soprannaturali, si maschera con del cerone bianco e i contorni neri per confondersi nella notte di Halloween, il corvo guida il nostro eroe nella sua vendetta. Prima Tin Tin con i suoi stessi pugnali, poi Funboy con un iniezione letale di droga e T-bird fatto esplodere davanti agli occhi di Skunk, ultimo della sua lista di morte che ucciderà dopo nel covo di Top-Dollar.
Tonalità cupe, atmosfere gotiche e una colonna sonora che annovera gruppi rock, dark, metal del calibro di Cure, Nine inch Nails, Stone Temple Pilots, Rage Against the Machine fanno da cornice ad un film maledetto e spettacolare, ma maledetto perché?

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Modello di pistola utilizzata sul set – fonte flickr

Durante la scena della sparatoria nel covo del boss Top Dollar, l’attore Brandon Lee alias Eric Draven perde la vita a causa di una pistola caricata con proiettili veri, per una disattenzione dello staff
Nella pistola rimase incastrato un proiettile: la stessa fu usata in diverse scene ma l’ultima fu fatale a Lee che venne colpito all’addome; inutili furono la corsa al New Hannover Regional Medical Center di Wilmington e le 12 ore in sala operatoria, il 31 marzo 1993 Brandon Lee perde la vita a soli 3 giorni dalla fine delle riprese del film.
Con la morte di Brandon Lee completare il film risultò più difficile e dispendioso, il grosso del girato c’era mancavano i flashback che Lee avrebbe girato senza il trucco, le parti furono affidate a due stuntman  nonché amici di Lee che grazie anche ai montaggi digitali e la computer grafica il film fu ultimato, anche per volere di Eliza Hutton fidanzata di Lee.
Il film costò all’incirca 8 milioni di dollari più del previsto, per un totale di 15 milioni di dollari, alla sua uscita la pellicola fu un successo di pubblico e critica incassando negli Stati Uniti circa 51 milioni di dollari, 11 milioni solo nel primo week end di uscita e 94 milioni nel resto del mondo, si posizionò al ventiquattresimo posto dei film più visti negli USA nel 1994, insomma un successo oltre ogni aspettativa.

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Brandon Lee

L’atmosfera che aleggiava intorno all’uscita di questo film aveva qualcosa di magico, nel 1994 tutti parlavano del Corvo, tutte le ragazze erano innamorate di Brandon Lee, tutti citavano la frase “non può piovere per sempre”, tutti cominciarono a travestirsi come Eric Draven, quella maschera, che probabilmente ha dato una spinta anche all’accettazione di Halloween tra le nostre feste,  un film che parla di morte, del ritorno dall’aldilà, di vendetta per amore, durante le riprese vede morire il protagonista, stesso destino che toccò al padre l’indimenticato Re delle arti marziali Bruce Lee, si racconta anche che Brandon Lee e Eliza Hutton si sarebbero sposati a film ultimato, proprio come Erick e Shally, regalando uno sfondo romantico ad una tragedia che ha dato al film la più grande e inconsapevole campagna di marketing, death marketing della storia del cinema mondiale.
Pioniere di questa nuova tendenza di marketing non convenzionale è stata la NinjaMarketing un blog che aveva un occhio sempre attento alle tecniche non-convenzionali di marketing, fondato da Mirko Pallera e Alex Giordano e che fonda dettami e regole proprio nel codice dei ninja, guerrieri invincibili: questo codice ebbe un discreto successo sugli addetti ai lavori che è diventato un libro edito dal “sole24ore”. Oggi ninja marketing ha anche superato il concetto di marketing non convenzionale entrando in una nuova fase detta Knowledge for Change “conoscenza per il cambiamento”.
Insomma Il corvo, film dallo sfondo gotico, cupo, una favola dark rock, contornato da un alone di mistero e un vero e proprio giallo sulla scomparsa dell’attore protagonista, è stato il manifesto generazionale di milioni di giovani, facendo entrare Brandon Lee nella leggenda.