Immagino le facce stupite di quanti leggendo l’articolo proveranno a figurarsi piazza Garibaldi come uno sterminato giardino, omogeneamente verde, alto 4-5 cm dal suolo in perfetto stile British. Tra la fretta di lancette veloci, caffè al volo, biglietti da convalidare, fila per le sigarette, tabelloni che aggiornano in ritardo binari di treni in perfetto orario, si può provare a pensare a cosa si rinuncia pur di stare al passo con i tempi. Correva il 1638 e nel bel mezzo dei giardini di piazza Garibaldi fu costruita una fontana dominata dalla statua della Sirena Partenope.

Oggi è piazza Jacopo Sannazzaro ad ospitare il complesso marmoreo.

Il canto di Partenope e delle sue sorelle, secondo la leggenda, avrebbe causato la morte a molti naviganti che con le loro imbarcazioni attraversarono, fin dai tempi della guerra tra achei e troiani, quel tratto di mare che bagna la penisola sorrentina e su cui si affaccia la costiera amalfitana. Situato quasi al confine tra la costiera amalfitana e la penisola sorrentina è l’arcipelago de Li Galli. Dalle cristalline acque emergono tre isolotti che furono abitati secondo la mitologia, dalle sirene, che danno il nome all’arcipelago. Di fatti le sirene, che oggi l’immaginario comune le disegna come fanciulle dallo splendido profilo e gambe ricoperte da squame, rendendole così per metà donna e per metà pesci, secondo l’arte figurata della Grecia Antica erano per l’altra metà uccelli. Dunque mentre oggi l’idea di sirena ci rimanda alla disneyniana Ariel, i greci accostavano l’immagine delle sirene a quella delle galline. Da qui il perché de Li Galli è consequenziale.

Le acque dell’arcipelago custodiscono gli scheletri di navi e uomini che secondo la tradizione mitologica greca si schiantarono contro quelle rocce dopo essere stati attratti dall’ammaliante quanto fatale canto delle sirene. Omero racconta che l’eroe acheo Ulisse, durante il suo viaggio di ritorno verso la bella e fedele moglie Penelope, desiderò fortemente ammirare le bellezze dell’arcipelago ed ascoltare il melodioso canto delle sue abitanti. La maga Circe lo istruì circa gli effetti di quello. L’Odissea tramanda che l’uomo dal multiforme ingegno si beò comunque del canto delle Sirene legandosi ad un palo della nave che indisturbata proseguì il suo cammino. Il successo conseguito da Ulisse rappresenta in chiave mitica i progressi in fatto di navigazione e i modi scoperti circa come superare le insidie della zona. Ad ogni modo, le tre sirene non ne furono entusiaste piuttosto offese del rifiuto subito. Essendo esseri mitologici ma non immortali, ed avendo loro come unico obiettivo quello di persuadere, raggirare, i marinai ed avendo fallito in questo si lasciarono morire gettandosi in mare. La leggenda racconta allora che il corpo senza vita di Partenope raggiunse Megaride, fu accolto e sepolto dalla popolazione locale e divenne protettrice del villaggio che rappresenta il nucleo da cui poi nacque la città di Neapolis, cioè città nuova.

L’arcipelago delle Sireneuse ammaliò illustri personaggi al punto che nel 1922 è possibile leggere in una comunicazione inviata dalla prefettura di Salerno al ministero dell’interno che l’arcipelago è stato venduto al coreografo e ballerino russo Leonid Mjasin. Dal 1917 l’artista afferma che in quei tre isolotti vede materializzato il senso di pace e solitudine a cui agogna da tempo. Sceglie, quindi, di acquistarli senza adibirli a nessuno specifico utilizzo. Dopo la sua morte per circa 40 milioni di dollari l’antica casa delle sirene fu nuovamente venduta al ballerino Rudolf Nureyev che la salutò per l’ultima volta nel settembre del 1992, affidando al mare il sogno di realizzare proprio lì, nella sua villa una scuola di danza e un museo dedicato ai grandi coreografi del secolo. Un desiderio condiviso anche dagli abitanti di Positano ma presto naufragato perché l’arcipelago è stato poi venduto a imprenditori sorrentini con aspirazioni legate alla villa tutt’altro che culturali.

Possibile che siamo stati così sordi al richiamo di tanta bellezza, naturale e culturale? Troppo impegnati ad arrivare un attimo prima del fischio del capotreno per ricordare che quella piazza ospitò il simbolo della nascita della nostra città, una mitica abitante di rocce divenute poi patrimonio di un ricco cittadino russo, vendute per una cifra che mai eguaglierà il valore storico conquistato attraverso secoli di racconti di una leggenda ormai solo riassunta in poche righe sparse in internet.

 

di Concetta Costanzo.