La parola concetto etimologicamente prende la sua radice dal termine latino concìepere. Vorrebbe dire ‘concepire’. Dare alla luce, sforzandosi, un’idea, un progetto oppure una visione.

Ciò che accade durante la traslazione da concetto a parola, che tra loro rappresentano gli opposti, va a sottolineare ed a determinare la forza di una proposta, la sua potenza evocativa. La forza di un concetto traccia il sentiero e forse la vita intera di un progetto, poiché essa racchiude in sé tutte quelle peculiarità che formano il contenuto finale, può essere il corrispettivo dell’oggetto che esiste soltanto grazie alla luce. Allora materia grazie alla luminosità, e trionfo grazie all’immagine riconosciuta universalmente d’impatto.

Ma, cosa deve avere un’immagine per essere riconosciuta come tale? Quali cifre stilistiche va a contenere? Lo abbiamo chiesto a Stefano, fondatore di Macrì, brand leader nel settore dell’artigianato napoletano, noto al pubblico per lo sviluppo di pregiate stampe su tessuto e pellame, ed oggettistica fatta a mano.

Stefano Cinque

 

Minuziosa attenzione alle ispirazioni provenienti dal passato che ritorna impetuosamente rinvigorendo il presente di nuova luce. Luce che filtra immagini di stampe antiche, antiquariato ed un tocco di orgoglio territoriale partenopeo sempre presente. Stefano ci racconta dei vissuti attraverso l’esperienza del padre e del nonno, attivi nel settore dell’antiquariato ed eredi di una passione per l’arte che influenzerà tutta la sua crescita personale. Questi precedenti animano di cultura profonda tutto il lavoro di Macrì, impregnandolo di un viaggio immaginario continuo tra libri antichi ed opere d’arte.

Un po’ quello che ha fatto Goethe con ‘Viaggio in Italia’. Un parallelismo questo che non vuole esserci, ma la mia idea deve essere un qualcosa di culturale ed incredibilmente forte”, spiega.

Con questi intenti Stefano dà vita ad una serie di collezioni caricate di unicità, sottolineando queste parole: “Non mi piace la serialità”.

Con questo desiderio più o meno inconscio di tornare indietro, Macrì produce stampe d’arte dai colori vividi rielaborando immagini degli scenari italiani più noti al mondo intero. Oggetti come maschere, pastori e manufatti dal design rielaborato in maniera insolita da come siamo abituati a concepirli, legati alla tradizione napoletana della scaramanzia.

L’oggetto della Macrì all’interno di un encefalogramma totalmente piatto, se non altro ha un intervallo: lì dove ci sono borse tutte bianche e rosse, trovi improvvisamente un maiolicato di S.Chiara, picco che può essere bello o brutto, ma che suscita emozioni. Può piacere o non piacere, ma la reazione delle persone è sempre quella di bloccarsi davanti ad un’idea, e questo è importante per me.”

Un capriccio culturale che lascia la possibilità di spaziare, di cambiarsi e vedersi in continua metamorfosi come ci insegna Stefano, l’importanza della volontà di cambiare sempre. Fare un passo indietro, guardando al passato, per poi compierne due in avanti e guardare al futuro. Mischiare le tinte e vedersi evolvere, come ogni grande creativo.

Ma quanto conta Napoli in questo grande vortice di venti sinistri? Stefano ci racconta di un episodio personale avvenuto pochi giorni fa per spiegarci il suo punto di vista. “Ero nel mio negozio, ed ho chiesto ad una turista veneta che cosa le era piaciuto di Napoli, lei mi ha guardato interdetta, raccontandomi di una Napoli che riesce a fondere il bello con il brutto. Penso che sia uno specchio perfetto della nostra identità, è quella emozione che devi scoprire attraverso la curiosità, spogliandoti per un attimo delle vesti di turista.”Macrì segni creativi

Rispettare i canoni, le tradizioni, donando loro un tocco di vita ma senza mai strafare. Fondamentale è che vi sia un pensiero, una coerenza di emozioni vissute. I ‘quattro passi a piedi’ che ci aiutano ad osservare meglio i percorsi, le strade e la gente; i dieci minuti giornalieri di fronte al mare che se qualcuno ti chiede di andar via tu non vuoi far altro che rispondere “Dai, un altro poco..”. Tutta una retrospettiva che si pensa di dimenticare, ed al contrario è sempre la solita e vecchia storia del legame con le proprie radici. Che talvolta sa un po’ di stantio se osservata da fuori, ma poi diventa la chiave, il concetto profondo.

Napoli è una grande pazienza, una rabbia enorme. Io ho la fortuna di avere un negozio di fronte al mare, guardo Capri da lontano, ma ogni giorno da dieci anni è sempre la solita emozione: i brividi, il cuore che batte, e questa è Napoli per me.”

Odi et amo come direbbe Catullo, allo stesso modo questa forma d’amore contrastante riflette tutta la filosofia Macrì, rara ed esclusiva.