“ll nostro menù lo scrivono il mare con i suoi regali e i suoi capricci; le stagioni con i loro colori; i banchi del mercato con la sua gente e i suoi umori”

Mangi a Napoli, e poi ci torni.

La bellezza di una città non sta solo nel suo centro cittadino, nel cuore pulsante di un raggio circoscritto. All’interno del corpo umano certe vene importanti, certi snodi vitali, si trovano nella periferia di un arto: una vena che parte da un dito e va direttamente al cuore. Nel corpo di Partenope, questa mitologica sirena sdraiata sulla costa napoletana, scorrono vene che arrivano lontano, fino alla periferia: il cuore della bella padrona di Napoli ha sangue che pompa lontano e che risuona forte, in egual misura al centro dei suoi castelli.
Gli stereotipi ci vogliono vedere con la pizza, il mandolino ed il caffè: ma la verità è che il palato napoletano è sempre stato fine ed elegante, ha sempre ricercato gusti particolari, pur restando all’interno della propria tradizione. La passione per il cibo, per quello che stuzzica il cuore e che instilla allegria, è solo uno dei tanti fuochi del nostro popolo: questo è quello che ha spinto i due giovani di cui parliamo oggi.
Ruggero e Michele hanno dato vita ad un sogno, e l’hanno chiamato Mirù.
A sentirlo nominare par che si parli di una donna delicata, piccola e incantata: la verità è che si tratta di un ristorante, ma l’incanto resta lo stesso. Tra le pareti di quel locale, di 40 coperti al massimo, si sentono parlare gli odori, i ricordi di antichi retaggi di vecchie ricette messe a nuovo, di vini italiani e locali, saporiti, dolci, amari, acri, vecchi e nuovi; di sapori che si mescolano, dimenticati e rinnovati, addolciti e insaporiti; di odori familiari,

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Ristorante Mirù

rassicuranti, nostalgici, allegri, e stagionali. Tra quei tavoli, c’è tutta la memoria della cucina campana: quella della domenica della nonna, quella dei pranzi passati in famiglia e che duravano fino alle sei, quelli del vino che il nonno beveva per primo; quello di tuo padre; quello di tua madre.
Il cibo è custode di una memoria che non resiste al tempo. È un potere estremo, e ha tutta l’aura della magia: un assaggio porta indietro nel tempo, recupera l’autentico, il perduto. Mirù è l’esempio lampante di come il popolo napoletano, l’ultima vera tribù rimasta al mondo, sia in grado di mantenere intatte le proprie tradizioni, ma adattandole ai tempi, ogni volta; di come Napoli sia capace di inventarsi ancora, e ancora, senza snaturare l’essenza profonda di se stessa; di come questa città, questo popolo, tutto il suo popolo, sia sempre se stesso.
Con le foglie che cadono, e l’estate di San Martino, ci sono sapori che godono di vita breve, hanno i colori degli alberi tinti di rosso e oro, hanno l’odore dei boschi che iniziano a spogliarsi: così, giovedì 12 Novembre, all’interno del ristorante, si porge il benvenuto alla stagione in cui tutto inizia un po’ a morire. Attraverso un percorso di cibo e vino, in collaborazione con l’azienda vitivinicola Ciù Ciù, si rivivono i sapori tipici della terra campana all’interno di un contesto tutto autunnale, messo in risalto da prodotti puramente stagionali.
Vi aspettano, Ruggiero e Michele, in Via Padre M.Vergara n.216 a Frattamaggiore.

Per maggiori dettagli consultate la pagina: https://www.facebook.com/events/760167284106618/